mercoledì 15 febbraio 2017
La costa sottovento
L’articolo di Ezio Mauro, il PD e la talpa dell’ultradestra, è davvero molto bello. Però è completamente sbagliato. Sbagliato in un modo surrealista, magrittiano. Non è una pipa è l’immagine di una pipa. Manca completamente quel elemento di autocoscienza che è affiorato bizzarramente in Trump con la famosa frase, ma questo paese è davvero così innocente. Ma davvero Mauro pensa che la sinistra sia così innocente? Che si sia solo lasciata scarrocciare dal vento al traverso e che non abbia invece risolutamente virato per prendere quel vento se non in poppa almeno al gran lasco? E davvero pensa che oggi debba solo, appena, stringere un pochino su quella bolina stanca che lui definisce così: “il futuro possibile per la sinistra, in questa fase, sta probabilmente proprio nella capacità di coniugare la responsabilità con le opportunità residue di emancipazione e di futuro, che pure esistono anche in una congiuntura così sfavorevole”. Opportunità residue? Ma come residue? Qui Mauro perde completamente la rotta. Su di lui cala la nebbia. Parla degli anni dieci di questo secolo come se fossero altro, e diverso, dagli anni novanta e dagli anni ottanta di quell’altro. Ma come si fa, trent’anni dopo Craxi, vent’anni dopo Blair, dopo i 5 anni di Hollande a chiedersi sgomenti “E’ quasi che una sovrastruttura di pensiero avesse uniformato e appiattito le grandi culture politiche europee spegnendo i loro caratteri distintivi fino a renderle apparentemente indistinguibili” Apparentemente? Come apparentemente? In cosa, di grazia e in concreto si distinguono? No, vi prego, l’obiezione relativa ai diritti civili, alla tutela delle minoranze, non me la fate. Non oggi. Pensate a Pim Fortuyn e a Wilders. Non mi dite se il coltello va a destra o a sinistra di un piatto vuoto, perchè così spalanchiamo la porta a chi, come un Trimalcione, si ingozza davvero solo con le mani. Per la sinistra, caro Mauro, c’è solo la rotta di Bulkington descritta da Melville. Gli lascio la parola “La sua sorte fu quella di una nave sbattuta dalla tempesta, che vaga miseramente lungo una costa a sottovento. Il porto le darebbe riparo, il porto è misericordioso, nel porto c'è salvezza, comodità, un focolare, una cena, del coperte calde, degli amici, tutto ciò che è gradito a noi poveri mortali. Ma in una tempesta, il porto, la terra è il pericolo più terribile per una nave. Essa deve fuggire ogni ospitalità; un solo contatto della terra, anche solo una carezza alla chiglia, la farebbe rabbrividire da cima a fondo. Con tutte le sue forze, la nave spiega ogni vela, per scostarsi dal porto. E nel farlo, combatte proprio quei venti che la vorrebbero spingere verso casa, va cercando di nuovo tutta la mancanza di terra di quel mare infuriato. Si getta nel pericolo disperatamente, per amore di un riparo. E il suo unico amico è il suo nemico più feroce. Tu lo capisci, Bulkington? Pare che tu veda qualche barlume di quella verità insopportabile agli uomini, che ogni pensiero profondo e serio non è che uno sforzo coraggioso dell'anima per tenersi la libertà aperta del suo mare; mentre i venti più aspri della terra cospirano per gettarla sulla costa insidiosa e servile. Ma la verità più alta, senza rive, indicibile come Dio, è soltanto nell’assenza della terra. Coraggio, Bulkington, coraggio! Stringi i denti, semidio. Dalle sferzate d'acqua della tua morte nell'oceano, si scaglia in alto, a perpendicolo, la tua deificazione
5 commenti:
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10 e lode. Inutile complimentarsi per le tue impareggiabili recensioni. Avanti così!
RispondiEliminaGrazie. Facile quando fai scrivere metà del pezzo a Melville!
EliminaCaspita, micidiale. Ho letto e riletto e ascoltato e riascoltato più volte. Si percepisce in queste parole l'energia del vento e del mare.
RispondiEliminaComplimenti a Rocca !
Grazie anche a te. E' l'energia dell'incredulità. Davvero non riesco a capire come persone così intelligenti e colte siano colpite dalla sindrome della visione a cannocchiale
EliminaE' perché anche le persone intelligenti e colte a volte mancano di coraggio. E per fare quello che Melville ha descritto così bene ce ne vuole davvero molto.
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