mercoledì 25 gennaio 2017
Viva l'Orda d'oro
Molti di voi hanno visto e mi hanno segnalato con raccapriccio uno sconcertante post apparso sul Fatto quotidiano e dedicato alla vicenda dei Paperoni di Oxfam. Paperoni che, per inciso, hanno turbato perfino quell’anima candida di Romano Prodi. E’ un post sconcertante perchè vorrebbe essere cattivo, dirci cioè che i Paperoni hanno diritto di essere tali perchè sono stati bravi e comunque non è un male in se la concentrazione di ricchezza. Come sempre sono ben altri i problemi che condannano alla povertà chi sta compresso, in mezzo a qualche miliardo di persone, sull’altro piatto della bilancia che fa da contrappeso agli otto Paperoni. L’autore che è un seguace del movimento fermare il declino, per capirsi quello guidato fino a scoperta del master truffaldino da Oscar Giannino e ci potremmo fermare qui, ci offre però una chiave di lettura stimolante. Si chiede infatti quale differenza ci sia tra queste ricchezze e quelle di uno zar di Russia o di un Gengis khan. In fondo queste sono migliori perchè non vengono da un diritto di conquista o ereditario e magari finiranno in beneficenza alla loro morte. E questo è esattamente il punto. Ricchezze paragonabili sono solo quelle di epoche in cui questa concentrazione corrispondeva a società divise tra pochi padroni feudali e immense masse di schiavi o servi della gleba, in cui non esistevano diritti politici o sociali. Il capitalismo, come sistema, e la borghesia, come classe, sono nate proprio per contrastare e superare quel sistema, attraverso una suddivisione sia di quei patrimoni che di quei poteri. Il film della storia si può riavvolgere solo su metà delle pellicola? Oppure quella concentrazione di denaro, prelude, allude, o addirittura già incarna il riavvolgimento anche della pellicola sociale e politica? Questa è la tensione intollerabile di questa fase. Può esistere un Gengis Khan nella democrazia e nella libertà? E se no, quanto ci vorrà, ancora, prima che uno di quei Paperoni si trasformi in un Temucin?
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