venerdì 28 ottobre 2016
La lettera scarlatta
Allora è così. Il problema è il dolore straordinario. Il dolore dei profughi che possono arrivare più un anno e meno un altro. Se soffrono troppo e muoiono per strada meglio, non sono un problema. Il dolore di chi ha visto la terra sbriciolarsi sotto i piedi, ma solo se si tratta di un terremoto. Se è una frana, una pioggia, una valanga, no. Per questo si può finalmente chiedere, si può pretendere. Si possono finalmente sbattere i pugni sul tavolo. Fare, e dare l’impressione di essere dotati di palle anche con i forti invece che solo con i deboli. Invece il dolore normale, quello no. Quello di chi ha perso il lavoro, quello di chi non riesce a iniziare a lavorare, quello di chi ha perso la casa “solo” per uno sfratto, quello dei malati, quello dei disabili, quello dei pensionati al minimo. Quello di chi passa ore di vita sui treni dei pendolari o sulle strade sconnesse. Quelli no.Per loro non c’è lo spazio delle richiesta e della pretesa. Per loro vale l’abominevole legge di Padoa Schioppa, oggi fortunatamente sepolto vicino alla mamma, quel bamboccione. Bisogna “attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità.” Ecco.
venerdì 21 ottobre 2016
Ecce bombo
L’illuminazione, si fa per dire, è arrivata, mentre inzuppando i similpavesini all’alba delle 5, vedevo distrattamente un lombrosiano deputato del PD parlare della svolta che attende l’Italia non appena approvata il 4 dicembre la riforma costituzionale. La svolta dopo la Costituzione. Un momento: ma di solito le Costituzioni si fanno dopo una svolta, anzi si fanno “proprio” perchè c’è stata una svolta che ha cambiato le regole che, quindi, devono essere aggiornate. E già. Quale è la svolta che stiamo costituzionalizzando? Per dire, l’altra volta, da noi, da dittatura a democrazia e da monarchia a repubblica. Oppure De Gaulle da quarta a quinta repubblica. C’era stato la sconfitta in Vietnam, la guerra d’Algeria, le torture, l’OAS che metteva le bombe. O in Spagna era finito il franchismo. Ecco da noi nell’anno di grazia 2016, che è successo? Voglio dire, ancora ancora si capiva dopo Mani pulite. Era venuto giù il comunismo e il sistema dei partiti. Ma adesso, oltre all’epifania un po’ appassita di Renzi? Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio una Costituzione. L’ordine dei fattori, come le parole, sono importanti.
martedì 18 ottobre 2016
I polli di Renzi
Mi è risuccesso anche oggi. Posto un dato, in questo caso quello dell’aumento dei licenziamenti post job act, e invito a trarne le conseguenze il 4 dicembre. E arrivano i che c’entra. Ora questo è davvero curioso perchè se qualcuno ha avviato il discorso sul carattere di panacea del si,sono stati autori e fautori della riforma, da Renzi ad Obama. Ma è poi ovvio che c’entri. A partire proprio dal fatto che un cittadino, in buona parte, si deve “fidare” di ciò che gli raccontano, tramite i mezzi di informazione, i politici. E se diventano, mese dopo mese, smaccati il carattere e gli esiti non entusiasmanti delle sbandieratissime riforme del mercato del lavoro è legittimo, forse prudente, fare una tara anche sulle meravigliose sorti che ci attendono con il nuovo articolo 70 e compagni. Del resto proprio Renzi sta facendo di tutto, e giustamente, per ignorare una riforma costituzionale, quella del pareggio di bilancio che fu approvata a stragrande maggioranza appena quattro anni fa, e che vi era stata indicata da tutti come salvifica e indispensabile. Va bene non essere dei fans del dubbio metodico, ma proprio fare la figura dei polli… O no?
martedì 11 ottobre 2016
Ossimori e palindromi
Margaret Thatcher ha un posto particolare nel mio pantheon dell’infamia, totalmente riassumibile in quella frase sulla società, architrave di quello che un geniale italiano avrebbe poi chiamato edonismo reaganiano, la migliore definizione di quello che abbiamo vissuto negli ultimi 37 anni, della forza travolgente, ciclonica che ha abbattuto perfino il comunismo. Ad oggi ovviamente non so nulla del posto, neppure se avrà un posto, e in che pantheon di Theresa May. E però quest’altra frase, su cui si sono avventati i commentatori di mezzo mondo, citando la seconda parte isolata dalla prima, mi intriga da matti.
Perchè ne è il rovesciamento. E nella desolante deriva del pensiero “ufficialmente” di “sinistra” ormai sono ridotto a cercare, con il tradizionale lanternino, i sintomi che qualcosa si muova dall’altra parte, perchè troppo, troppo in là ci eravamo spinti seguendo le parole della lady di ferro. Per questo la frase mi intriga, come mi ha intrigato la Brexit, come mi intriga la difesa nazionalista dei salariati francesi da parte della Le Pen, e come mi intriga quella di Donald Trump. Mica sono scemo. Lo so, l’ho studiato che i fascismi nacquero proprio, meglio anche, così. Presentandosi come difensori dei diritti del proletariato che aveva combattuto nelle trincee ed era stato tradito dalle elite, fino ad arrivare all’ossimoro demoniaco del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi. Ma qui manca un tassello decisivo. Quelli nacquero per la paura, la tremenda paura, che lo spettro, che avevano fatto levare in Europa in quella strage, si stesse prendendo il mondo partendo da Leningrado. Qui, oggi,lo spettro è sbiadito nell’ectoplasma che non risponde più nemmeno al medium. Siamo alla teorizzazione della naturalità del sistema oligarchico, al disprezzo perfino per i contrappesi illuministi che ci riporta alla maledizione di Rousseau. Sarete liberi solo nei 5 minuti del vostro voto. La sinistra è ridotta ad un Crozza senza talento, capace solo di imitare con dieci, venti, trenta anni di ritardo la destra.E allora se è la destra a sentire, annusare, che non se ne può più. Se De Benedetti capisce, con tanti anni di ritardo, e grazie alla sua sottovalutazione di Trump che la globalizzazione è stata la trappola fatale delle democrazie, che sono e restano nazionali, bene: forse “questa” paura rimetterà in moto il pendolo. Magari partendo da uno scambio di iniziali. MT. TM.
domenica 9 ottobre 2016
Politicamente Corrotto
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mercoledì 5 ottobre 2016
Scusate se sono lungo
Il dibattito su oligarchia e democrazia, sorto dopo il faccia a faccia tra Zagrebelsky e Renzi e il commento di Scalfari è, nonostante la qualità delle persone coinvolte, del tutto surreale. E’ come se nessuno si rendesse conto che quello cui stiamo assistendo è un tutt’uno con la crisi economica e la crescita delle diseguaglianze. La democrazia non è un “diritto” inalienabile. Per inciso, dato il mio mestiere, come l’informazione. Nascono entrambe come traduzione politica e istituzionale dell’allargarsi degli aventi interessi, non interesse, nelle decisioni. Cioè con l’affermarsi della borghesia che non sopporta più che il potere decisionale sia nelle poche mani di monarchia e nobiltà. E’ una democrazia che infatti funziona per censo e non per nascita. Limitata nei numeri. Ci vorranno più di cento anni anni di lotte per farla diventare la democrazia di tutti gli uomini, e almeno altri cinquanta anni per farla diventare quella di tutte le donne. Lo diventa solo quando le organizzazioni degli esclusi riescono a far convergere le loro forze, dimostrando che gli aventi interessi sono tutti coloro che subiscono le conseguenze delle decisioni e non solo coloro che ne traggono vantaggi. La democrazia si espande, tra parlamenti eletti, ricordatevi che da noi il Senato era di nomina regia come la Camera dei Lord era di diritto dinastico, e corpi intermedi, partiti, sindacati, associazioni, man mano che i diritti economici e il benessere economico si espandono in strati sempre più larghi della popolazione. In certi casi l’evento sociale precede quello politico, in altri viene importato dall’estero e lo precede, come nel caso della Costituzione italiana, che è importata dall’estero perchè la libertà arriva sulla punta delle baionette americane e russe. Oggi assistiamo al fenomeno opposto. La ricchezza si concentra, “quindi” le decisioni si accentrano. Si fanno opache, non democratiche, dai corridoi di Bruxelles a quelli del TTIP, dalle evasioni fiscali multinazionali di Apple, ai giochi sull’Euribor di Deutsche bank. E’ di nuovo la democrazia degli aventi interesse ai danni degli aventi interessi, che gli inglesi definiscono shareholders contro stakeholders. Non è un fenomeno politico, una sovrastruttura. E’ un fenomeno strutturalmente economico. Non si vogliono controlli, quindi raccontiamo che la politica è corruzione, spreco, perdita di tempo, casta. Buttiamo in pasto ai gonzi 215 poltrone di senatori e non facciamogli capire che abbiamo appena cancellato 50 milioni di voti. E’ la democrazia che diventa oligarchia, perchè è la borghesia dello 0,1% che sta tornando ad essere nobilità di roba.
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lunedì 3 ottobre 2016
I ribelli moderati
C’è un paese islamico, dove tra gennaio e giugno di quest’anno ci sono state oltre 1600 vittime civili, altri 3500 sono rimasti feriti e mutilati. I bambini morti sono 388, i feriti più di mille. Si aggiungono ai 20000 morti e 40000 feriti degli ultimi sette anni. Più di 150.000 persone sono diventate profughi, portando il totale a circa un milione e duecentomila. Ovviamente non stiamo parlando della Siria. Ma dell’Afghanistan. Ma li non ci sono i russi, e i ribelli moderati si chiamano talebani. Circa il 23% delle vittime civili di quest anno, dice il rapporto delle Nazioni Unite, sono state causate dai filogovernativi e dalla coalizione, cioè l’equivalente locale dell’accoppiata esercito siriano Russia. Però sono i nostri, gli Americani. Che stanno lì da quindici anni a combattere i talebani e i montanari che nessuno chiama, ovviamente, l’opposizione ad Ashraf Ghani, il presidente in carica. Altri 4000 musulmani sono morti e 6000 sono stati feriti, invece, nei bombardamenti in Yemen da parte di sauditi e alleati, armati fino ai denti dagli americani contro i ribelli moderati, che qui sono sciiti. Anche in Yemen muoiono i bambini, ma l’Onu ha cancellato Riad, come denuncia Amnesty, dall’elenco dei paesi che commettono crimini contro i minori. Si attendono, con scarsa fiducia, i titoli di prima pagina.
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